dic 14, 2013 Alessandro Pagano Sport USA 0
Roma. Fu per la prima volta Mario Ferretti, storico giornalista italiano, nel lontano 1949 a coniare l’espressione “Un sol uomo al comando” riferendosi all’imprendibile Fausto Coppi. Una frase che ancora oggi è in grado di suscitare emozioni, facendo idealmente ascoltare l’eco delle grandi imprese sportive. Ma mai, nello storico Giro d’Italia del ’49, Ferretti immaginava di essere così attuale. È proprio il nostro caso quello che calza a pennello per questa frase epica. Si, perché all’Oracle Arena stanotte ha DOMINATO un sol uomo, un solo giocatore: ha la maglia numero 12, è un talento angeleno classe ‘89, gioca per i Rockets, ha una barba incredibilmente lunga e il suo nome è James Edward Harden jr. Houston, così, dopo la sconfitta contro dei sorprendenti Portland TrailBlazers, squadra al comando della Western Conference, si rialza dalle ceneri di una infausta partita contro un sontuoso Aldridge. Lo fa su un campo tutt’altro che banale: siamo nella Baia di San Francisco, precisamente ad Oakland, la casa dei Golden State Warriors. Prima dell’inizio della partita una cerimonia per festeggiare l’ingresso nella Naismith Memorial Basketball Hall of Fame di un giocatore come Bernard King, per due anni ala piccola dei Golden State Warriors. il numero di King, all’epoca, era il numero 30, lo stesso del “padrone” di casa, Steph Curry. Il figlio di Dell, dopo la magia sulla sirena della partita precedente contro Dallas, inizia subito con le marce alte, penetrando a centro area e concludendo o con il solito finger-roll oppure scaricando per i compagni. Dall’altra parte, però, Harden non vuole essere da meno e, quasi sulla sirena del primo quarto, inchioda una mostruosa schiacciata sulla testa di un impotente Marreese Speigths. Il primo quarto si mantiene ancora equilibrato, con Houston avanti di una sola lunghezza. L’inizio del secondo periodo è praticamente una continuazione del primo con Harden che si alza da quasi 9 metri e realizza il canestro che vale il massimo vantaggio Rockets (+10). Un evento più unico che raro accade a metà secondo quarto con Howard che, battezzato come sempre quando ha i piedi fuori dall’area, si alza dall’angolo e mette a segno una tripla tra l’incredulità dei tifosi della Oracle Arena e il delirio più totale della panchina di Houston. Il secondo quarto finisce in maniera un po’ nervosa: Draymond Green mostra il suo carattere recidivo e, come successe anche il 6 Dicembre a Houston nella sconfitta 83-105 per i GSW, commette un flagrant 1 su James Harden. Gli animi si placano e si va negli spogliatoi con gli ospiti avanti di 7. Il carattere degli Warriors non lo scopriamo certo oggi e nel terzo periodo gli uomini del reverendo Jackson tornano in partita grazie a Lee che si fa trovare sempre pronto sugli scarichi. Anche il suo compagno di reparto, Bogut, aiuta nella rimonta e la sua schiacciata sul lob proposto da Thompson vale il -3 Golden State (82-79). Speights a 8’ dalla fine sigla il primo vantaggio per i padroni di casa che, però, vengono subito beffati da una giocata letteralmente pazzesca di Harden che penetra, subisce fallo (duro!) e andrà in lunetta col tiro libero supplementare. La replica non tarda ad arrivare: il padrone di casa, Steph Curry, accetta l’isolamento con Harden e con la sua solita finta, fa abboccare il Barba e realizza una tripla che fa venir giù il palazzo. Siamo pari! Il duello Harden-Curry è accesso ma non appena la difesa inizia ad essere più solida contro le penetrazioni di Harden ecco che spunta il protagonista di serata, Chandler Parsons, autore di 4 punti consecutivi finali sulla linea di fondo su due assistenze magnifiche del Barba. Il canestro della staffa arriva da Beverly con uno step-back che vale il +5 a 1’ dalla fine. Houston si conferma, quindi, bestia nera dei Golden State Warriors e sbanca il parquet di Oakland col punteggio di 116-112. Resta comunque di ottimo livello l’impatto di tutto il quintetto di Golden State che manda in doppia cifra tutto lo Startin’ Five e in doppia doppia quasi 5 giocatori (Bogut 10 +11; Lee 23 + 10; Barnes 20 + 12; Curry 20 + 9 assist; Speights 16 + 9). Quello che manca ultimamente a GS è forse il grande apporto di inizio stagione di Klay Thompson, anche stanotte fermo a “soli” 15 punti. Per Houston, invece, maiuscole senza dubbio le prestazioni di Harden (26 + 9 assist), Parsons (23), Howard (18 + 11 con un 7/7 dalla lunetta) e Beverly (16).
happy wheelsNato a Pompei il 3/4/1993. Studente del corso di Scienze e Tecnologie della Comunicazione presso La Sapienza di Roma, Redattore NBA per partenopress.com e My-Basket.it; giocatore e amante della palla a spicchi da sempre. MORE THAN A GAME.
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