dic 23, 2013 Luigi Liberti Cinema 0
Londra. Il film sta riscuotendo successo in America ed in Italia uscirà a febbraio, ma la pellicola in italiano di “12 anni, schiavo” di Steve McQueen è già al centro di polemiche. Non il film o il suo contenuto, bensì la locandina che in Italia raffigura Brad Pitt a tutto campo a scapito del vero protagonista, l’attore britannico Chiwetel Ejiofor che per la sua interpretazione ha già conquistato una nomination ai Golden Globe. Brad Pitt, oltre ad esserne il produttore, compare in una piccola scena ma per invogliare il pubblico italiano si è scelto di favorire lui piuttosto che il vero protagonista, certamente meno noto in Italia. In America questa scelta non è stata apprezzata, dando sfogo sul web alle più strambe motivazioni: su alcuni social si fa notare come in altri manifesti, sempre della versione italiana, si mostri oltre a Brad Pitt anche un altro attore del film, Michael Fassbender, anche lui molto noto in Europa. E anche lui bianco. Un caso? « Buzzfeed» titola : «I poster di 12 anni, schiavo in Italia promuovono attori bianchi, ignorando la star nera». La notizia viene rilanciata anche da altri siti come «The Wire», «Huffington Post» e infine «esplode» su Twitter e Facebook. Così sul blog dedicato ai social media del prestigioso quotidiano Usa «Washington Post», la giornalista Caitlin Dewey si interroga: «Perché è stata scelta una star bianca quando la storia parla di un uomo libero nero che viene venduto come uno schiavo?».
Intanto l’attore e produttore Brad Pitt, da poco 50enne, preferisce defilarsi da questa polemica ed attendere il “verdetto” del box office. L’ex ragazzo dell’Oklahoma non è solo un divo liberal ma è impegnato in mille altri fronti. Ha da poco terminato le riprese di Fury, ambientato nel periodo nazista, ma è al centro dei riflettori soprattutto come co-produttore di 12 anni schiavo, il film già favorito agli Oscar. Racconta la vera storia di Solomon Northup, violinista rapito e costretto a lavorare nei campi della Louisiana a metà dell’Ottocento. Una saga afroamericana che ha vinto il Festival di Toronto e ha il record di candidature (sette) ai Golden Globes. Film non facile. Un pugno allo stomaco che mostra fino a che punto può arrivare la crudeltà umana.
Lei ha avuto molto dal suo lavoro e sembra ora volerlo sempre più diversificare. Tuttavia spesso dichiara di sentirsi limitato nei ruoli di attore e produttore…
«Perché il cinema per me non è mai stato tutto. Ho profondi interessi in campo architettonico, sociale. La mia vita è ricca di amici e sono sempre felice quando sto con i miei ragazzi e li vedo crescere e cerco di rispondere alle loro domande».
Che cosa l’ha spinta a battersi per produrlo?
«12 anni schiavo è un film contro ogni forma di discriminazione e di emarginazione sociale. Queste lacerazioni ancora oggi corrodono le nostre vite. Sarei felice soprattutto per questo motivo se si affermasse ai prossimi premi. In questo periodo non è il solo film sulla lotta per l’integrazione dei neri. Vorrei ricordare Butler e il magnifico grido antirazzista di Fruitvale Station».
Lei si è riservato un piccolo ruolo…
«Amo moltissimo il personaggio del mio falegname che alla fine costruisce con il protagonista una casa di legno: un gesto che rappresenta la libertà. Interpreto un artigiano che viene dal Canada, dalla democrazia più vera già allora. A Toronto il pubblico applaudiva a scena aperta davanti a quella scena. Sono stato felice in quei momenti di consensi: non dobbiamo mai dimenticare questi valori».
Come spiegherà o ha già spiegato a tutti loro «12 anni schiavo»?
«Quando siamo a New Orleans o in Africa, luoghi che tutti noi amiamo, si parla di razzismo, segregazione, di ciò che è stato l’apartheid, del valore di sentirsi fratelli, senza etichette per il colore della pelle e i ruoli sociali. Questo film dice molto a tutte le età, le razze, a chi ancora oggi compie soprusi e a chi li subisce. La prima cosa che ho spiegato ai miei figli, che erano con me e Angie mentre lo giravo in Louisiana, è stata: è tratto da una storia vera, è un grido per la sopravvivenza e la libertà. Perché si vendono schiavi ancora oggi. È fondamentale parlare di questo con i nostri figli. Anche se per fortuna oggi a scuola bambini neri, bianchi o meticci crescono e studiano sugli stessi banchi. E nessuno scende dall’autobus se sale un bimbo nero».
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