gen 18, 2014 Alessandro Pagano Sport USA 0
Roma. Venerdì 17 Gennaio 2014. Scaramanzia? No, parliamo di storia. Prendete questa data, che a tutti fa paura, ma che a noi, che viviamo di pallacanestro, rimembrerà sempre buoni ricordi, e riponetela in una teca. Custoditela gelosamente perché quando si riscrive la (possibile) storia della carriera di uno dei primi 3 migliori giocatori del mondo non è mai una banalità. Il 17 Gennaio, come detto, è un giorno tutt’altro che triste, tutt’altro che spaventoso per gli amanti della palla a spicchi. Il ritorno in campo di Rajon Rondo è una delle notizie più belle che l’NBA ormai aspettava con trepidazione. Un genio in campo, qualsiasi sia la sua squadra, è sempre un regalo che concediamo ai nostri pretenziosi occhi. E poi c’è lui. Nasce a Washington il 29 settembre del 1988 da Wayne e Wanda Pratt ed il suo nome è Kevin Wayne Durant . Infanzia non proprio eccellente, come la maggior parte degli afro-americani presenti in questa Lega. Quando gli allora Seattle SuperSonics lo scelsero alla seconda chiamata nel draft del 2007, si sentiva nell’aria, si percepiva la presenza di un giocatore che avrebbe cambiato il livello dell’NBA. Perché allora riprendere quella data? Perché fissarla nella storia come un punto cardine? La risposta arriverà nella notte, quando alla Chesapeake Energy Arena di Oklahoma City si sono affrontati per l’ennesima volta in stagione i Thunder e i Warriors. le precedenti partite si erano risolte sempre negli ultimi secondi di partita, con canestri di Iguodala, Curry e Westbrook, grande assente anche stanotte. Il palco è apparecchiato, l’atmosfera è quella giusta, il palazzo, come sempre, gremito. Più che una semplice partita di NBA Basketball ci siamo permessi di definirla una vera e propria SFIDA tra i nuovi che avanzano. Sì, perché contro quel ragazzone di 206 centimetri, ce n’è un altro, che ne porta a spasso appena 190 di centimetri, ma che ha le stesse intenzioni di KD: scrivere la storia del gioco. Siamo a casa di Durant ed è lui ad aprire le danze con una rubata, un contropiede e una schiacciata sul malcapitato Iguodala. La risposta arriva da chi in precedenza aveva perso quella palla, Stephen Curry che con una pulizia tecnica, una rapidità di tiro disarmante fa cadere Reggie Jackson e piazza la tripla con i piedi piuttosto lontani dall’arco dei 7,25. Lo stesso trattamento viene poi, per portare i Warriors sul +2, rifilato a Serge Ibaka. Alto o basso, play o centro che sia di fronte a lui, Curry ha solo una cosa in mente, o meglio un rumore: SPLASH.
Ma la risposta è dell’altro fenomeno che vuole dimostrare, qualora ce ne fosse stata la necessità, che anche lui ci sa fare col tiro dalla lunga distanza: bomba e 30-37 OKC. Sono già 39 i punti a referto dopo appena 12’ di gioco. Provano a rimetterla in piedi gli uomini del reverendo Jackson col nuovo arrivato Jordan Crawford che va, con la tripla, ad incrementare uno spaventoso 59,3% (16/27) finale da 3 punti per GSW. Una così alta percentuale scaturisce da ottime percentuali dei singoli: anche Klay Thompson, insieme a Crawford e Curry, contribuisce alla causa. Pari a quota 48. Durant decide di mettersi in proprio e riporta avanti i suoi grazie all’and-one. Jackson prova a raddoppiarlo a metà campo, in una zona del campo in cui può essere chiuso o messo con più facilità sotto pressione ma KD inizia a sfornare assist per compagni sempre pronti come Ibaka e Lamb. E’ancora una volta KD, faro come non mai dell’attacco di coach Brooks, a sfruttare la maggior agilità contro Green per realizzare il canestro che vale l’88-101 alla fine del terzo (!!) periodo. In una totale serata di grazia, il nativo di Washington realizza 2 triple che riallontanano i volenterosi GSW. Gli ultimi 6 minuti di gara sono completamente suoi: mette a segno la sua terza tripla consecutiva, segna dal gomito in allontanamento e poi la solita dedica al cielo, per ringraziare Charles “Big Chucky” Craig. Finisce 121-127 per OKC che non passa al secondo posto della Western Conference vista la vittoria a sorpresa di Portland Traiblazers sul campo dei San Antonio Spurs. Resta una notte memorabile perché i 54 punti finali di KD sono il suo massimo in carriera ed è pronto per abbattere tanti altri record. Un giocatore che fa sempre il suo lavoro, umile e rispettoso di ogni singolo compagno presente in squadra. Sembra quasi irreale il suo 19/28 dal campo (con 5 piume da 3 su 9 tentativi). Non resta che tessere le lodi ad un altro immenso fenomeno come Steph Curry che, nonostante la sconfitta, fa registrare 37 punti con 11 assist e 11/18 dal campo, con 6 triple su 10 tiri tentati. La Lega passerà presto nelle loro mani e saranno loro a riscriverne la STORIA.
Nato a Pompei il 3/4/1993. Studente del corso di Scienze e Tecnologie della Comunicazione presso La Sapienza di Roma, Redattore NBA per partenopress.com e My-Basket.it; giocatore e amante della palla a spicchi da sempre. MORE THAN A GAME.
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