Siamo alla fine del 1994 ed il teen ager di allora cercava solo una console…”il” Super Nintendo. Cresciuto fino ad allora a pane e Game Gear (ma iniziato al NES in tenera età) voleva fare il salto alla console casalinga avversaria visto che se ne parlava bene nelle riviste del settore che leggeva qualche volta (Game Power la sua preferita). La Sony Playstation e la Sega Saturn sarebbero usciti di lì a un anno in Europa, ma poco gli interessavano al momento: desiderava quella console con un parco titoli enorme alle spalle e con uno scimmione come nuova (ma in realtà vecchia) mascotte. Ed un mondo, il 3D che di lì a poco sarebbe stato il presente. Così il caro Babbo Natale quell’anno portò il Donkey Kong Country Crate ovvero il Bundle della console col gioco in questione. Fu la fine: quel gioco e Killer Instinct che arrivò successivamente erano visivamente godibilissimi e furono parte della resistenza da parte della Nintendo all’arrivo delle console di nuova generazione.
Visivamente eccezionale, era un piacere immergersi in quel mondo “finto” 3D (o 3D prerenderizzato in un immagine bidimensionale), alla ricerca della banane disseminate per i livelli, cercando di raccogliere tutti gli oggetti collezionabili (le lettere che compongono la parola KONG) sconfiggendo tutti i vari avversari, rettili e non, al servizio di King K. Rool.
L’isola di Donkey Kong era estremamente varia: si partiva da una fitta giungla per arrivare alla sommità dell’isola, passando per livelli montani, sotterranei e sottomarini (i miei preferiti, con una colonna sonora stratosferica) con 4/5 cavalcabili: Rambi il rinoceronte, Espresso lo struzzo, Enguarde il pescespada, Winky il ranocchio, e…il carrello nelle miniere. Alcune parti del livello erano rompibili per accedere a quadri bonus, oppure erano accessibili con salti quasi nel vuoto. Gli oggetti perno dell’avventura erano i barili che potevano essere lanciati, distrutti oppure usati per essere sparati in diversi altri barili per raggiungere piattaforme lontane o non accessibili. Ma il fulcro del gioco è l’alternanza di due personaggi: Donkey Kong e Diddy Kong. Il primo più lento ma più forte ed il secondo più debole ma più agile che ti permetteva di raggiungere le piattaforme più lontane. A dir la verità erano un po’ sbilanciati dato che era decisamente meglio utilizzare il secondo per l’avanzamento nel gioco.
Donkey Kong Country ebbe così tanto successo da avere altri due seguiti che fecero parte della strategia di Nintendo per contrastare le costosissime nuove avversarie Saturn e Playstation (frutto di una collaborazione finita male con Sony) fino al lancio della sua nuova ammiraglia, il Nintendo 64, dove la Rare fu fondamentale per produrre nuovi capisaldi dei videgiochi, stavolta in “vero” 3D.
11 years ago
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