ago 03, 2011 Luigi Liberti Home Page, New York 0
Napoli – Il Gip di Teramo, Giovanni Cirillo, ne è convinto: l’alibi di Salvatore Parolisi è falso, e il movente dell’omicidio non sarebbe passionale, ma legato al fatto che la moglie nascondeva un segreto inconfessabile di qualcosa accaduto nella caserma «Clementi» di Ascoli Piceno, dove il marito addestrava le reclute. Dello stesso avviso anche la Procura della Repubblica. Intanto sono stati disposti nuovi accertamenti sui tabulati telefonici di Salvatore e Melania e si insinua la possibilità che il caporalmaggiore sia stato aiutato nella deturpazione del cadavere e nei tentativi di depistare le indagini.
Altra novità è il fatto che, oltre all’accusa di omicidio aggravato dal grado di parentela e dalla crudeltà e concorso in vilipendio di cadavere, il pool di magistrati teramani – il procuratore, Gabriele Ferretti, e i sostituti Greta Aloisi e Davide Rosati – contesta a Parolisi anche l’aggravante di aver «profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa». Ovvero Melania è stata uccisa mentre era accovacciata a terra, in posizione in cui era difficile potersi difendere. Il gip ha accolto in toto la richiesta della Procura motivando il nuovo arresto con un’ordinanza di circa 200 pagine, il doppio di quella redatta dal Gip di Ascoli Carlo Calvaresi. I punti cardine della nuova ordinanza sarebbero il falso alibi e la «deturpazione» del cadavere. Parolisi – che dal carcere di Teramo continua a proclamarsi innocente – avrebbe «sbagliato» dal primo momento volendo far credere di cercare la moglie scomparsa. Ha messo su un alibi non credibile: a Colle San Marco non c’era stato con Melania e l’ha cercata troppo tardi, se è vero che il suo telefonino era spento mentre la moglie «scompariva». Sulla deturpazione, il Gip ipotizza la presenza e il ruolo di un’altra persona che potrebbe essere intervenuta nella seconda fase del delitto. Infatti, si chiede: mentre tutti cercavano Melania, Parolisi sarebbe tornato a Ripe di Civitella per accanirsi sul cadavere, ma può aver fatto tutto questo da solo o qualcuno può averlo aiutato? Poi evidenzia che Parolisi aveva il telefonino spento, lo riaccese poco dopo il suo arrivo a Colle San Marco e un minuto dopo chiamò sul cellulare la moglie, che era già morta. Inoltre, il 19 mattina, tra le telefonate alla sua amante Ludovica non andate a buon fine, Salvatore scompare per un’ora. In questo frangente organizza la messinscena della siringa, dei colpi post-mortem. Intanto si accentuano le baruffe tra i legali di Parolisi – Valter Biscotti e Nicodemo Gentile – e della famiglia Rea. I primi si aspettavano l’arresto e annunciano che giovedì, all’interrogatorio di garanzia, il loro assistito non parlerà: lo farà davanti ai giudici del Riesame. Il secondo, Marco Gionni, evidenzia che «due Procure e due Gip diversi sono concordi nell’indicare in Parolisi l’assassino della povera Melania». Poi replica ai colleghi i quali avevano sostenuto che sul corpo di Melania vi erano capelli femminili non appartenenti alla vittima: «Purtroppo – dice Gionni – ancora una volta, le affermazioni della difesa di Parolisi non sono vere. Nessun capello è stato trovato sul cadavere della povera Melania, tantomeno di donna».
Parolisi ha ucciso la moglie, Melania Rea, non perchè si sia trovato in un imbuto – come sostenuto dalla magistratura di Ascoli – ma per «un corto circuito generato dall’impellente esigenza di risolvere l’insostenibile conflitto creatosi tra le due sue vite parallele». Lo sostiene il gip di Teramo, Giovanni Cirillo, nell’ordinanza di custodia cautelare. In questo modo, viene ribadito il movente passionale, al quale, però, si aggiunge anche un’altra ipotesi, quella di un segreto. Il Gip esclude la gelosia, ma ricorda che Melania il 16 aprile era apparsa «molto nervosa» all’amica del cuore, Rosa. A quest’ultima Parolisi chiese il 19 aprile se avesse sentito la moglie: «Temeva forse che le avesse rivelato un segreto incoffessabile?». A questo proposito, il Gip ricorda che Rosa aveva dichiarato agli inquirenti che «in un’occasione Melania le disse di doverle riferire qualcosa di molto brutto». Il Gip si chiede se possa essere ipotizzato che «la moglie – che lo seguiva e lo controllava – avesse scoperto qualcosa di assai più grave, o anche solo di torbido, di inconfessabile. Per questo – aggiunge il Gip – occorrerebbe approfondire i rapporti interni alla caserma», «con l’eventuale esistenza di giri di droga», ai quali ha fatto riferimento lo stesso Parolisi agli investigatori. Dall’ordinanza, però emerge pure che Parolisi minacciò di suicidarsi quando, nel 2010, la moglie scoprì la sua relazione con Ludovica e lo lasciò solo a Folignano per tornare dai suoi parenti a Somma Vesuviana.
LA DIFESA DI SALVATORE – L’accusa nei confronti di Salvatore Parolisi «si smonta da sola», a giudizio dei suoi difensori, Nicodemo Gentile e Valter Biscotti. «In solo 15 giorni – affermano – il movente passionale cardine dell’inchiesta si sgretola così come già immaginato e pubblicamente argomentato da questa difesa. Il gip di Teramo, infatti, boccia clamorosamente il cuore dell’indagine di Ascoli, decretandone il definitivo naufragio». I legali evidenziano, comunque, che «neanche lo sforzo del giudice di Teramo è però riuscito a colmare il grave vulnus intorno al movente, rifugiandosi ancora in mere ipotesi, congetture arbitrarie prive di qualsiasi aderenza agli atti e ai fatti dell’indagine».
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