nov 30, 2011 Redazione Home Page 0
Il 1° novembre 2011 potrebbe passare alla storia come il giorno dell’inizio della fine dell’euro. Il primo ministro greco, George Papandreou, ha annunciato di voler chiedere ai cittadini, attraverso un referendum, se vogliono o meno accettare le manovre economiche concordate con l’Unione Europea e poste dall’Ue come condizione per ottenere gli aiuti in grado di evitare la bancarotta del Paese. Se passasse una linea di rifiuto di quelle manovre, che chiederebbero enormi sacrifici ai cittadini, l’Europa dovrebbe decidere se salvare uno Stato che ha deciso di non mettere in atto misure economiche poste come condizione per gli aiuti o lasciarlo fallire. Se la Grecia finisse in bancarotta, non potrebbe più rendere il denaro che le è stato prestato. Da chi? Da molti Paesi dell’area euro, tanto per cominciare: e la più esposta è la Francia. Un fallimento della Grecia rischia dunque di trascinare con sé gli altri Paesi dell’area euro. Meno di una settimana fa, a Bruxelles, i leader europei aveano raggiungo un accordo per ridurre il debito della Grecia in cambio di misure economiche da parte di Atene. MA Papandreou ha detto, ieri: “Se i cittadini della Grecia non vorranno che le nuove norme siano applicate, molto semplicemente non le applicheremo”. La mossa ha portato una enorme agitazione sui mercati finanziari. La sfiducia nei confronti dei titoli di Stato di altri Paesi dell’euro considerati in difficoltà – a partire dall’Italia – è salita ai massimi storici. I rendimenti dei Btp italiani decennali sono già oltre il 6%: se si arrivasse al 7%, secondo alcuni esperti, il debito italiano non sarebbe più sostenibile. La situazione è tesissima. Berlusconi ha detto che agirà con tempestività. Il leader del PD, Pier Luigi Bersani, ha chiamato Napolitano.
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