lug 21, 2010 Umberto Gallucci New York 1
Oggi è una giornata bruttissima. Oggi dovrò parlare male dell’Italia, un’Italia che amo con tutte le mie forze e che inneggio durante i miei spettacoli, come il posto più vicino al Paradiso.
Mi chiamo Eddie Oliva e sono di Scala sulla Costiera Amalfitana, sono cresciuto ad Atrani e dopo il diploma ad Amalfi ho lasciato l’Italia per dedicarmi alla musica, grande passione ereditata in famiglia. Ho abitato prima in Inghilterra e poi in Svezia dopo aver girato il mondo come intrattenitore sulle navi crociere.
Risiedo in Svezia da 37 anni; qui ho cantato l’inno nazionale italiano durante la partita di calcio Italia – Svezia di qualche anno fa, ho cantato nel 1992 per Pavarotti, molto spesso per i reali di Svezia (ultimamente per la Principessa Vittoria), sono stato al 1° posto della Hit Parade svedese negli anni ottanta. Ho fatto programmi televisivi in Canada ed ultimamente la mia musica è arrivata negli U.S.A. Insomma, mi vanto di essere anch’io un vero ambasciatore della cultura musicale italiana e di tutto ciò che significa Italia: stile, educazione, cuore.
Visito la Costiera amalfitana almeno tre volte l’anno per salutare e riabbracciare la mia grande famiglia (siamo undici tra fratelli e sorelle).
Questa volta il rientro è stato forzato perchè dovuto al riacutizzarsi di un male che ha colpito uno dei miei fratelli, Renzo, lo zampognaro della Costiera, uno dei primi pizzaioli di Atrani, una persona brava, onesta e divertente, uno che ha sempre lavorato e che continuava a farlo per aiutare il figlio Baldino proprietario di una piccola trattoria e pizzeria a Salerno.
Tutto sembra abbastanza normale, ma non lo è, se si considera che Renzo ha 83 anni.
Durante le riunioni degli undici fratelli e sorelle continua a suonare e a fare il comico; lui è un comico nato, è la vera mascotte della famiglia anche se a me piace organizzare le riunioni di famiglia.
La giornata iniziava con la messa in suffragio dei nostri genitori, la visita al cimitero e poi il pranzo al ristorante “il Pinguino” di proprietà del primogenito Baldassarre, di anni 89 compiuti. Baldassarre detto Baldino lavora ancora, guida la vespa e cucina per tutti noi che siamo una trentina, perché ad incontrarci siamo solo i fratelli e le sorelle con mogli e mariti: è impensabile invitare figli, nipoti e pronipoti perché non basterebbe la piazza di Scala per contenerli.
Il dopo pranzo è fatto di canzoni (in famiglia cantiamo tutti) e di scenette comiche sempre improvvisate con Renzo maestro d’orchestra di una banda con chitarra, fisarmonica, voci e casseruole. Alla fine della giornata, con il sorriso nel cuore, ci lasciamo, pensando già al prossimo incontro, anche in considerazione dei miei impegni in Svezia.
Due anni fa Renzo incomincia ad accusare una deficienza di circolazione alla gamba destra e cammina zoppicando, anche se in modo lieve. Ai controlli generali gli riscontrano un aneurisma all’aorta addominale che si era dilatata più di 8 cm. E’ una cosa molto grave ed un intervento chirurgico per eliminare l’ aneurisma avrebbe potuto essergli fatale. Il medico curante, parlando con il figlio primogenito di Renzo, gli consiglia di soprassedere all’intervento evidenziando che qualora si fosse trattato di suo padre non lo avrebbe operato. Quel problema alla gamba non è poi tanto grave per cui si va avanti.
Le nostre feste si svolgono con la stessa allegria di sempre e Renzo continua a fare le sue scenette e a suonare la zampogna a Natale. E’ un modo nostro di ricordare nostro padre Giovanni che è stato il primo zampognaro della Costiera Amalfitana e nostra madre Anna, una simpaticissima donna che mi ha concepito (ultimo di undici fratelli) all’età di 48 anni. Facciamo la novena al cimitero di Scala e tutti cantiamo “Tu scendi dalle stelle”.
Il 7 luglio scorso, io sono in Svezia, allorquando mi chiama al telefono mio fratello Vittorio che, piangendo, mi racconta che l’aneurisma di cui soffriva Renzo, avendo raggiunto la dimensione di 12 cm, era letteralmente esploso, e, portato all’ospedale S. Leonardo di Salerno dal figlio Ferdinando, appuntato dei carabinieri in Sicilia, che ha fatto anche parte della scorta di Borsellino, la situazione è apparsa in tutta la sua gravità. Il medico di turno suggerisce ai figli di riportalo a casa, perché, purtroppo, in quelle condizioni un intervento sarebbe stato impossibile. Gli stessi, con la disperazione nel cuore, scongiurano il chirurgo di tentare l’intervento. L’operazione avviene, il cuore resiste benissimo, l’aneurisma viene ridotto.
Il chirurgo ha fatto un vero miracolo. Renzo, grazie alla sua tempra forte ha resistito. Io, avendo subito prenotato l’aereo, l’8 luglio arrivo in Italia, ma solo il giorno dopo riesco a raggiungere Salerno. Sono ormai passati già due giorni dall’intervento e finalmente siamo una decina di noi ad incontrare il medico del reparto che si dice molto soddisfatto delle condizioni del paziente, al quale il chirurgo ha salvato sicuramente la vita, e ci da la bellissima notizia che, non appena sarà disponibile una stanza, uscirà dalla rianimazione. Per adesso una sola persona, all’ora prestabilita, potrà fargli visita.
I figli lasciano a me questa possibilità di vederlo. Indossato la mascherina ed il grembiule, entro nel reparto di rianimazione, notando che gli altri pazienti presenti nei lettini quasi dormivano mentre mio fratello Renzo era molto vigile e aveva riacquistato il suo colore roseo di quando godeva di ottima salute. E’ stata una scoperta e sensazione bellissima. Era sdraiato nel lettino con alcune sonde che controllavano i valori ma respirava autonomamente. Ha incominciato subito a parlarmi animatamente chiedendomi di portargli da bere qualcosa di fresco e di dargli un po’ di soldi perché aveva bisogno di una nuova dentiera.
E’ il Renzo che conoscevo, il Renzo di sempre. La circolazione andava bene, anche la gamba sembrava essere ritornata normale. Non gli piaceva quella posizione sdraiata, era un po’ impaziente, voleva muoversi, vedere tutti i figli e i nipoti. Io cerco di rasserenarlo dicendogli che di li a poco lo trasferiranno in reparto e così potrà riabbracciare tutti i suoi cari. Esco dopo pochi minuti con la convinzione che poco dopo avrei potuto stargli vicino quanto desideravo. E invece sarà l’ultima volta che ho visto mio fratello Renzo da vivo. Uscendo chiedo all’infermiere che mi aveva dato mascherina e grembiule se potevo farmi sostituire dal figlio Ferdinando che, tutto ansioso, mi aspettava fuori dalla porta. L’infermiere risponde che non è possibile anche perché tra poco tutti potranno vederlo.
Appena fuori, informo tutti sulle condizioni di Renzo e tutti si rallegrano e cominciano a telefonare a quelli che sono in ansia a casa, per rassicurarli. Andiamo via con la convinzione che, appena si libera una stanza, il medico ci avrebbe avvertito. Passa il tempo, ma quella telefonata, ahimè, non arriva. Passa ancora un altro giorno. Immagino che mio fratello, che ha superato un intervento così delicato, che respira autonomamente con voglia di parlare e rivedere tutti i suoi cari, quasi costretto a restare in rianimazione, è prostrato psicologicamente. Ma è assurdo che non si libera un posto. Ma non costa meno una stanza in reparto che un lettino in rianimazione? E’ domenica 11 luglio.
Ci rechiamo in molti al S. Leonardo per poter parlare col medico anestesista che ci aveva rassicurato il giorno prima sulle condizioni di salute di Renzo e sul trasferimento imminente in corsia. Ma, ahimè, non c’è nessuno. Passa un infermiere e gli chiedo come mai non si riesce ad avere notizie chiare. «Denunciateli!!! E’ la sua risposta. I posti ci sono. Ma qui è tutto un casino infernale!». Sono le 16,30 di domenica 11 luglio. Dovrebbe essere l’ora delle visite. Ma qui aprono quando vogliono e sembra sempre che ti facciano un favore. Ed è proprio questa la cosa più triste.
Comunque il figlio Ferdinando viene munito di mascherina e grembiule ed entra in rianimazione. Ma purtroppo il papà dorme perché è sedato ed anche con i polsi legati. Per il figlio è un colpo durissimo. Che cosa è successo da ieri ad oggi? Nessuno ha dato una spiegazione. Nessuno ha sentito il dovere di avvertire i parenti sulla precipitazione degli eventi. A questo punto, in assenza di precise informazioni, mi è consentito immaginare la mia versione dei fatti. Renzo stanco di stare lì, solo, ha cominciato ad agitarsi, ha forse tentato di alzarsi ed a questo punto non restava che legarlo e sedarlo. E questo ha rappresentato per mio fratello il colpo mortale.
Mi chiedo: il chirurgo ha fatto fino in fondo il suo dovere. Ma tutti gli altri? Quanto vorrei poter rispondere di sì, averne la certezza, ma le circostanze che si sono verificate, mi lasciano un forte sospetto, un atroce dubbio che qualcosa non ha funzionato come doveva. E la mente ti porta a considerare che siamo nel povero sud dell’Italia, dove, purtroppo, spesso la malasanità è di casa. Ti viene da pensare che se non conosci qualcuno, sei abbandonato a te stesso.
Dov’è la coscienza di chi ogni giorno è a contatto con gli ammalati? Essere dottori, infermieri, oltre a essere un lavoro nobilissimo, dovrebbe essere una vera e propria missione. Ho avuto la sensazione che non vi sia nessun rispetto per i parenti degli ammalati. Mi viene da pensare che spesso può essere vanificata la bravura del chirurgo in sala operatoria, da personale non sufficientemente qualificato e motivato.
E’ stato così anche per mio fratello Renzo? Come vorrei poter rispondere che mi sbaglio. E, invece, mi assale una tristezza nel cuore che la malasanità è una verità, alla quale, vivendo in Svezia non volevo credere. In Svezia in tutti gli ospedali il personale che vi lavora è al servizio dei pazienti e dei loro parenti. E’ così nella gran parte dell’Europa. Ma purtroppo, nel paese delle meraviglie che tutto il mondo ci invidia, si può morire di malasanità. Povera bella Italia! Per onorare la memoria di mio fratello vorrei che tali fatti non avvenissero mai più. Che ci sia più rispetto per gli ammalati e per i parenti.
Che si finisca con il clientelismo. Che per sopravvivere non sia solo una questione di soldi. Che soprattutto le persone oneste e che non sanno dare gomitate non siano trascurate. Io parto lunedì 19 luglio con la certezza che se mio fratello Renzo fosse morto durante l’intervento chirurgico, non avrei una così grande tristezza nel cuore. Continuerò a cantare ed amare l’Italia in rispetto delle tantissime persone oneste che vivono qui.
Ora prego tutti quelli che si sentono colpiti da questa mia denuncia, di farsi un esame di coscienza, di riflettere sul dono della vita e sull’amore per il prossimo. Cambiamola quest’Italia che soffre dell’indifferenza di molti, smettiamo di fare i furbi, trattiamo gli altri come vorremmo essere trattati anche noi.
Nonostante tutto, ti voglio tanto bene Italia mia.
Buona vita a tutti.
Eddie Oliva
lug 10, 2011 0
set 14, 2010 0
set 13, 2010 0
set 09, 2010 0
ago 02, 2023 0
mag 23, 2019 0
ott 11, 2017 0
ago 25, 2015 0
ott 01, 2013 6
mag 22, 2009 5