giu 11, 2013 Salvatore Malfitano Sport USA 0
San Antonio. Da quando esiste il nuovo formato delle Finals (2-3-2), e questa è la 13esima stagione, solamente Miami, pur vincendo gara-3 che fa da garante per la vittoria dell’anello, riuscì a perdere la serie in 6 partite nello storico 4-2 di Nowitzki e i Mavericks. Adesso tocca un’altra volta agli Heat provare a capovolgere statistica e pronostici che ora come ora li danno per spacciati. LeBron è apparso sottotono e spaesato più delle due precedenti gare, quasi avulso dai ritmi di gioco, in ritardo anche quando arriva il suo momento. Pur chiudendo con 15 punti, il Prescelto non convince, sembra svogliato, uno dei primi ad alzare bandiera bianca, annullato da Leonard, superlativo in difesa e in attacco, in marcatura e a rimbalzo: una vera piaga per la difesa avversaria. Insieme a lui, i protagonisti della serata sono stati Gary Neal (che ha avuto un trascorso a Treviso) e Danny Green (ex compagno a Cleveland di LeBron). Come se avessero detto a Duncan, Parker e Ginobili di accomodarsi e lasciar loro la scena, si sono improvvisati i “big three” del match, con numeri davvero terrificanti, a partire dalla doppia doppia di Leonard (14 punti e 12 rimbalzi), i 24 di Neal (6/10 da tre) e i 27 di Green (addirittura 7/9 da fuori area). Gli uomini di Spoelstra, di rimando, sono stati annichiliti dalla precisione al tiro dei nero-argento e hanno potuto fare ben poco con un LeBron non pervenuto e i soliti Wade e Bosh dal rendimento discontinuo. Il risultato è stato un’altra passerella finale per le panchine a 6′ dalla fine, in vista di una gara-4 che promette davvero bene. L’unico che si è salvato in questa disfatta stile Caporetto è Mike Miller, su cui andrebbe scritta una monografia, visti i problemi salutari e familiari della scorsa stagione che convertì in una gara-5 contro OKC da 23 punti e 7/8 dalla lunga distanza. Stavolta si è “accontentato” di 15 punti, frutto di un sontuoso 5/5 dall’arco, con tiri non sempre comodi o con ritmo da prendere. Il primo tempo comincia con entrambe le squadre che come da copione mantengono le marce basse. Bosh fatica un po’ a mettersi in moto quando tira dalla distanza, ma appena capisce che deve puntare la difesa avversaria arrivano i primi viaggi in lunetta e quindi i primi risultati. Dall’altro lato, Leonard e Duncan si distinguono per la presenza indiscussa e indiscutibile in entrambe le fasi di gioco, perchè ancora nessuno aveva capito che Green e Neal si sarebbero letteralmente impadroniti dei riflettori. Nel secondo quarto, Miami inizia ad avere le prime difficoltà ad arginare il tiro da 3 degli Spurs costruito con extra-pass, scarichi e blocchi eseguiti in maniera magistrale e che fanno a fette la difesa dei floridians. Il risultato si mantiene su un sostanziale equilibrio, anche perchè Wade sembra essere in grande spolvero e Miller risponde “presente” ogni qualvolta viene chiamato in causa. Poi gli Heat affondano nell’ultimo minuto del primo tempo, quando Parker e soprattutto Neal vanno a segno con due triple con coefficiente di difficoltà elevatissimo. Sono i 6 punti che rappresentano il vantaggio dei texani, che vanno a riposo sul 50-44. Come nella gara precedente, di cui questa per tanti aspetti sembra esserne la gemella, fra il terzo e il quarto periodo la partita si spacca e il divario tra le squadre aumenta vertiginosamente. Stavolta a trarne giovamento è San Antonio, che grazie ai suoi tiratori scelti fa dire a Flavio Tranquillo “game, set and match” a 9′ dalla fine. Ma ce la farà Miami a vincere almeno una volta all’AT&T Center fra giovedì e domenica? Ma allora se non gira LeBron, non gira nemmeno la squadra? Queste domande, dopo averli visti la scorsa notte, sorgono più che spontanee. Per le risposte, le prime le aspettiamo giovedì notte.
Nato a Napoli, il 23/6/1994. Ex calciatore, attualmente redattore NBA per partenopress.com e basketinside.com; inviato sul Napoli per Il Roma. Studente di giurisprudenza all'Università Federico II di Napoli.
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