giu 27, 2014 Claudio Pellecchia Sport USA 0
Roma. E’ Andrew Wiggins la prima scelta assoluta del Draft 2014. I Cleveland Cavaliers, per la terza volta in quattro anni in possesso della ‘first pick’, puntano la propria ricostruzione sul canadese prodotto di Kansas. Che, in ogni caso, pare avere pochi peli sulla lingua, soprattutto quando invita LeBron James a tornare dove tutto è cominciato: “Io voglio vincere. Se lo vuole anche lui, faremo una bella coppia”. Con la scelta numero due, i Milwakee Bucks si aggiudicano Jabari Parker, omologo di Wiggins da Duke, che non vede l’or di cominciare la nuova avventura: “I Bucks sono un team giovane al quale potrò dare il mio contributo fin dal primo giorno. Mi avevano detto che avrebbero scommesso il tutto per tutto pur di prendermi”.
La prima sorpresa nella serata del Barclays Center arriva alla numero 3, con i Philadelpia 76ers che scelgono l’infortunato Joel Embiid, centro di Kansas. La frattura da stress al piede di qualche giorno fa aveva fatto pensare a una ‘retrocessione’ del giovane camerunense nel novero delle chiamate: evidentemente lo staff sanitario dei Sixers è convinto di riuscire a recuprare il ragazzo in tempi ragionevoli. A Phila, in ogni caso, posso comunque fregarsi le mani visto che, da New Orleans, arriva anche la scelta numero 10, la guardia Elfrid Payton da University of Luoisiana at Lafayette.
Con la 4, gli Orlando Magic mettono le mani su Aaron Gordon da Arizona mentre Dante Exum, uno dei grandi protagonisti della vigilia, finisce agli Utah Jazz con la 5. C’era, inoltre, grande attesa per scoprire le mosse di Celtics e Lakers, titolari, rispettivamente, della sesta e settima scelta: ai primi è andato Marcus Smart da Oklahoma State, mentre Julius Randle, ala di Kentucky, sarà il nuovo figlio adottivo dello Staples Center gialloviola. Solo ventiquattresimo Shabazz Napier, grande protagonista delle ultime final four Ncaa (vinte con la sua UConn) che va a rinforzare i Miami Heat.
Nel primo giro, comunque, i grandi protagonisti sono i giocatori stranieri. Dieci quelli presi nel primo round, addirittura 7 nei primi 20. Detto di Wiggins, Embiid e Exum, alla numero 8 troviamo l’altro canadese Stauskas che va ai Sacramento Kings, poi il croato Saric alla 12 ai 76ers (via Orlando) e il bosniaco Nurkic alla 16, destinato ai Nuggets via Bulls. Alla posizione numero 20 troviamo il brasiliano Caboclo che, dal calore della sua terra natale, passa ai grandi freddi di Toronto, così come lo svizzero Clint Capela (alla 25) dovrà ben presto adattarsi a quella fornace a cielo aperto che risponde è Houston. Per la verità, i Rockets avrebbero anche chiamato con la 53 (via T-Wolves) il nostro Alessandro Gentile, ma con gara 7 della finale scudetto alle porta appare chiaro come l’Nba sia l’ultimo dei pensieri del 21enne capitano dell’Olimpia Milano. Il g.m. Daryl Morey, però, pare non avere fretta: “Fisicamente ricorda Carlos Delfino: attacca il canestro, passa la palla, ha il fisico per difendere. Pensiamo che potrà dare una mano alla squadra in futuro anche se, personalmente, ritengo ci possa essere utile fin da subito. Non sappiamo, però, quando arriverà”. In ogni caso, se il casertano decidesse di tentare l’avventura oltreoceano, in Texas verrebbe accolto a braccia aperte. Finisce a Phoenix, infine, il serbo Bogdan Bogdanovic, chiamato come ventisettesima scelta.
Al draft, però, c’era anche un grande assente: è Isiah Austin, destinato a essere scelto al primo giro ma che non potrà più mettere piede sul parquet a causa di una malattia cardiaca genetica, diagnosticata pochi giorni fa, che ne metterebbe fortemente a rischio la vita in caso di attività sportiva a livello agonistico. Grandi, quindi, l’emozione e gli applausi che il pubblico del Barclays Center riserva quando il Commissioner Adam Silver fa il nome dello sfortunato ragazzo di Baylor.
Adesso, scatta ufficialmente la ‘trading session’: molti di questi ragazzi non sanno ancora se giocheranno per la squadra che li ha effettivamente scelti. Alcuni finiranno in qualche scambio, altri addirittura rischiano di svernare in D-League se non si dimostreranno rapidamente all’altezza della realtà Nba. Ma alcuni, invece, potrebbero anche fungere da ‘richiamo’ per convincere qualche free-agent di ‘peso’ a firmare: fossimo nei panni di LeBron, ad esempio, tornare a Cleveland e trovare Irving e Wiggins a farci da ‘scudieri’ non sembrerebbe un’idea così malvagia.
happy wheelsNasce a Napoli il 07/09/1987. Già collaboratore/redattore per il "Roma", "Il Mattino" e toniiavarone.it, nonostante la laurea in Giurisprudenza ha deciso comunque di intraprendere l'avventura rischiosa e affascinante del giornalismo. Pubblicista dal 2013, ama lo sport e le storie che vi ruotano attorno. Occuparsi di Nba non è un lavoro, ma un piacere.
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