mag 22, 2014 Claudio Pellecchia Sport USA 0
Tony Parker vs Russel Westbrook (fonte foto: sports-odds.com)
Roma. A questo punto ci si dovrebbe cominciare a chiedere dove finiscano i meriti degli Spurs e inizino i demeriti dei Thunder. Si, perché i 35 (TRENTACINQUE) punti tra le due squadre (77-112) dicono tutto e niente del secondo atto di quella che rischia di diventare una delle finali di Conference più a senso unico della storia. E serve a poco prendere come riferimento le percentuali di Okc su determinati fondamentali (2/20 da tre punti, 5/10 ai tiri liberi, 14 palle perse): la squadra di Brooks sembra in difficoltà sotto il profilo psicologico. Durant e compagni non sembrano pronti per reggere mentalmente contro San Antonio: e, se nemmeno l’Mvp 2014 riesce ad opporre una resistenza quantomeno credibile, allora abbiamo già il nome della contender dell’Ovest, senza nemmeno la necessità di giocare la restanti partite.
Manu Ginobili a canestro (fonte foto: bleacherreport.com)
Il primo quarto sarebbe anche equilibrato sotto il profilo del punteggio (26-24), ma i prodromi del massacro sportivo ci sono tutti. Soprattutto quando Parker riesce ad innescare l’alto-basso Splitter – Duncan, con un passaggio alla Magic Johnson dei tempi belli. Gli ospiti riescono a restare in partita fino al canestro sul filo dei 24 secondi di Nick Collison (32-29) in apertura di secondo periodo. Da qui in avanti, tutto buio. Parker ricomincia con lo show mostrato contro Portland e, dopo una serie di canestri dalla bellezza stordente, aziona Danny Green che, con una delle sue 7 triple di serata (21 punti, alla fine, per lui), firma il 44-55 a 1:20 dall’intervallo lungo. Prima di rientrare negli spogliatoi, però, c’è ancora il tempo per assistere al saggio di intelligenza cestistica di Manu Ginobili: rimbalzo d’attacco conquistato grazie ad una sovrumana capacità di intuire dove finisca un pallone sputato dal ferro, zingarata per uscire dall’area, un paio di passi e bomba del 44-58. Encefalogramma piatto in casa Thunder con Westbrook (15, con 7/24 al tiro) che invita platealmente Durant a restare concentrato per non finire nella storia dalla parte sbagliata. La non reazione di KD alle sollecitazioni del compagno fa intuire che la partita finisce praticamente qui.
Non si passa contro Tim Duncan (fonte foto: www.thehindu.com)
Chi non conoscesse il significato di “garbage time” potrebbe tranquillamente farsene un’idea guardando i restanti 24 minuti di gioco. A farne le spese i ferri dell’AT&T Center, la cui “incolumità” viene ripetutamente messa a rischio dalle spingardate dell’armata brancaleone in maglia azzurra. Green continua nel suo percorso netto dall’arco e, quando Parker si esibisce nella sua personale rivisitazione del concetto di “circus shot”, il tabellone recita un eloquente 58-83. Che diventa 58-87, quando Leonard realizza in contropiede sull’ennesimo errore di Westbrook, a 1:50 dall’ultima pausa. Tocca, poi, al “New Jersey Gangsta con il numero 4 fare game, set and match in apertura di ultimo quarto con la tripla del 66-94. Vincono gli Spurs. Anzi, dominano gli Spurs.
Oklahoma City Thunder: Durant e Westbrook 15, Collison, Perkins, Fisher e Jones 2, Adams e Butler 9, Jackson 8, Lamb 13.
San Antonio Spurs: Leonard e Baynes 4, Duncan 14 (12 rimb.), Splitter 9 (10 rimb.), Green 21, Parker 22, Belinelli 8, Ginobili e Diaw 11, Joseph 6, Ayres 2.
happy wheelsNasce a Napoli il 07/09/1987. Già collaboratore/redattore per il "Roma", "Il Mattino" e toniiavarone.it, nonostante la laurea in Giurisprudenza ha deciso comunque di intraprendere l'avventura rischiosa e affascinante del giornalismo. Pubblicista dal 2013, ama lo sport e le storie che vi ruotano attorno. Occuparsi di Nba non è un lavoro, ma un piacere.
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