gen 20, 2014 Claudio Pellecchia Sport USA 0
Roma. Alzi la mano chi non ha avuto la stessa identica sensazione di déjà vu del sottoscritto. Breve ripasso di storia per i più distratti. Baia di Oakland, 11 febbraio 2000, All Star Game, reintroduzione dello Slam Dunk Contest dopo due anni di assenza. Partecipano alla gara: McGrady Tracy, quanto di più vicino a Jordan potesse esistere, con l’unica pecca di una schiena da ottantenne; Francis Steve lo spettacoliere tra le guardie che, all’epoca, furoreggiava con quell’altro bel tipino di Stephon Marbury; Davis Ricky (il genio che cercò la tripla doppia inventando l’autorimbalzo al proprio tabellone); Stackhouse Jerry, uno che si è fatto tutte le squadre da costa a costa come nella miglior tradizione della Route 66; Hughes Larry, uno dei tanti geni incompresi che hanno vivacchiato per anni sul “può esplodere da un momento all’altro”; e, naturalmente, Carter Vince, detto “Vinsanity”, la prova vivente che la gravità è una formalità di cui farsi beffe. Ora, normalmente accade che, nella gara di schiacciate, i giocatori tendano a riservarsi le migliore cartucce per ultime. Il Carter, che quella sera si sentiva particolarmente in forma, decide di andarci giù pesante: prima schiacciata, partenza dalla sinistra, tre passi per aggredire il pitturato, 360 in area e ferro sventrato con la “windmill” (lettarlmente “mulinello”) eseguita in sospensione durante la rotazione. L’arena viene letteralmente giù e mentre i commentatori impazziscono, il nostro si esibisce in un inequivocabile labiale di fronte alle telecamere “It’s over!”. Ed è finita per davvero: non ce ne sarà per nessuno, in una gara senza storia, arricchita dalla primizia del braccio infiliato fino al gomito nel canestro a coronamento della schiacciata successiva. Fast forward e arriviamo ai giorni nostri. La partita è Indiana Pacers – Los Angeles Clippers. Paul George è il nuovo idolo di “basket state”: da 2 stagioni, infatti, gioca ad un livello che varia dal buono al mostruoso. E, evidentemente, da bambino deve aver visto lo Slam Dunk Contest di cui sopra. Gli viene, quindi, l’idea meravigliosa di riportare alla vita il grande classico: fuga in campo aperto, attacco al ferro et voilà “windmill 360”, un Carter d’annata. Banker Life Fieldhouse che diventa una bolgia e tutti noi con la mente che torna ai bei tempi della Nba che fu. GiovanBattista Vico è stato il fautore della teoria dei “corsi e ricorsi storici”, ma vedere la storia mentre si ripete è davvero tutto un altro effetto: siete, sono, siamo tutti testimoni. I LOVE THIS GAME!
Nasce a Napoli il 07/09/1987. Già collaboratore/redattore per il "Roma", "Il Mattino" e toniiavarone.it, nonostante la laurea in Giurisprudenza ha deciso comunque di intraprendere l'avventura rischiosa e affascinante del giornalismo. Pubblicista dal 2013, ama lo sport e le storie che vi ruotano attorno. Occuparsi di Nba non è un lavoro, ma un piacere.
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