giu 13, 2014 Claudio Pellecchia Sport USA 0
Il dominio di Kawhi Leonard in un singolo fotogramma (fonte foto: bleacherreport.com)
Roma. Ecco le pagelle dei principali protagonisti di gara 4 delle Finals 2014
SAN ANTONIO SPURS
KAWHI LEONARD 8: a memoria d’uomo si fatica a ricordare un giocatore così completo su entrambi i lati del campo. In attacco è un fattore e, sfruttando l’onda lunga della grandinata di gara 3, ne mette altri 20 tirando più che discretamente (7/12, 1/3 da tre). Difensivamente, poi, usa tutto quel che ha a disposizione per limitare l’androide con il numero 6: a volte gli va bene, a volte no , ma contro quello lì dare tutto non sempre basta. La schiacciata del 55-33 in chiusura di secondo quarto è il fotogramma della partita sua e degli Spurs.
TIM DUNCAN 6.5: Ennesima doppia doppia dei playoff (10 e 11 rimbalzi) all’interno di una prestazione, per una volta, normale: Glielo si concede tranquillamente e, in fondo, sarà contento anche lui: se non è costretto agli straordinari vuol dire che i suoi stanno giocando bene. E, questi Spurs, giocano meravigliosamente. Leadership silenziosa ma costante, con la consapevolezza che, in caso di necessità, tutti tranquilli e palla a Tim che ci pensa lui.
BORIS DIAW 8: Tripla doppia sfiorata (8 punti, 9 rimbalzi e altrettanti assist) in una gara in cui ogni singolo gesto è fatto al momento giusto. Certe combinazioni con Splitter meriterebbero un posto in una saletta del Louvre appositamente dedicata. Mani da liutaio al cospetto di un’intelligenza cestistica superiore: avesse anche il fisico avremmo l’Mvp dei prossimi 5 anni.
DANNY GREEN 6.5: il “New Jersey Gangsta” folgorato sulla via di San Antonio fa la sua parte anche quando non brucia retine con la consueta continuità. Pochi tiri (3/5, tutti da tre, per 9 punti) ma tanta intensità difensiva e la sicurezza di sapere sempre cosa fare e quando farlo: tipico di chi, ormai, sa di essere un punto fermo del “sistema” di coach Pop.
TONY PARKER 7.5: 12 dei suoi 19 punti arrivano nel primo tempo che spacca in due la gara. Dopo, con la situazione sotto controllo, rallenta i giri del motore: comprensibile per chi si trascina gli strascichi di un infortunio fastidioso dalla serie contro Portland. L’esiguo numero di assist (appena 2) non rendono giustizia a una regia lucida che si traduce in una sapiente gestione di ogni possesso.
PATTY MILLS 7.5: 14 punti e 2 assist in 16 minuti di impiego, comprese un paio di triple pesantissime che portano San Antonio sul +20 a meno di due minuti dalla sirena di metà gara. Se un domani vi chiederanno una possibile definizione di “partita della vita” mostrate il dvd dei primi due quarti di gara 4 dell’australiano. Citando Robert Horry: ‹‹La pressione? Quale, quella che spacca i tubi?››.
MARCO BELINELLI 5.5: lui, invece, un minimo di pressione la sta avvertendo. Appena 3 minuti in campo (4 punti), segno di un declassamento all’interno delle rotazioni di Pop. Ed è un peccato perché Marco ha dimostrato, a più riprese, che in questo gruppo ci può stare. Ma deve alzare il livello del suo gioco anche in una partita da playoff; quella senza ritorno, quella in cui devi dimostrate di avere “los huevos” per dirla alla maniera del “caudillo” di Bahia Blanca.
MANU GINOBILI 6: stavolta non servono gli straordinari. Partita “tranquilla” per i suoi standard (27 minuti, 7 punti con 4 tiri): eppure hai sempre la sensazione che quando la palla è in mano al 20 stia sempre per succedere qualcosa di speciale. La sintesi della sua gara sta nella combinazione che porta alla tripla del 53-33 di Mills: in una parola, essenziale.
MIAMI HEAT
LEBRON JAMES 8: se fosse un libro sarebbe “La solitudine dei numeri primi” di Paolo Giordano. In certi tratti sembra di rivedere alcuni fotogrammi della vita precedente in quel di Cleveland: lui a predicare nel deserto con altri 4 presi a caso. Prova a suonare la carica nel terzo quarto (19 dei suoi 28 punti arrivano in questa fase) ma non può bastare sempre e solo il suo classico cambio di marcia. Nelle sconfitte è sempre il primo a metterci la faccia: stavolta sarebbe il caso che lo facessero anche altri.
CHRIS BOSH E DWAYNE WADE 5.5: ad esempio questi due signori qui, legati dal filo conduttore di una partita giocata in maniera disastrosa. Tralasciando le percentuali al tiro (5/11 il primo, 3/13 il secondo) quello che manca al “non dinamico” duo è l’intensità: soprattutto quando si tratta di difendere. Per informazioni citofonare Leonard Kawhi e Diaw Boris, lasciati banchettare a piacimento sia nel pitturato che dalla media distanza. E quando il 6 non può salvare capra e cavoli, tutti i nodi vengono al pettine.
MARIO CHALMERS 5: male, male, male. Se Bosh e Wade avrebbero almeno le attenuanti di acciacchi assortiti, “Rio” finisce ancora una volta sul banco degli imputati senza poter contare nemmeno sulle attenuanti generiche: sembra aver esaurito di colpo ogni riserva di energia. Lento sul primo passo, soffre contro Parker e patisce contro Mills. Spoelstra ha provato di tutto per riproporlo in condizioni quantomeno accettabili: magari sarebbe il caso di ridurre il minutaggio.
NORRIS COLE 6: un filo meglio di Chalmers (non che ci voglia poi molto)sebbene con la metà dei minuti a disposizione. La sensazione è che, al momento, sarebbe più utile lui nello “starting five” rispetto al numero 15. Ma Spo da quest’orecchio pare proprio non sentirci.
ANDERSEN 6: 10 minuti, 5 punti e altrettanti rimbalzi. Ma sicuri che il “Birdman” sia tanto peggio di “questo” Bosh?
RAY ALLEN 5.5: 8 punti (3/6 dal campo, 2/4 dall’arco) in mezz’ora scarsa di gioco. Qualuno se ne è accorto? No. Appunto.
happy wheelsNasce a Napoli il 07/09/1987. Già collaboratore/redattore per il "Roma", "Il Mattino" e toniiavarone.it, nonostante la laurea in Giurisprudenza ha deciso comunque di intraprendere l'avventura rischiosa e affascinante del giornalismo. Pubblicista dal 2013, ama lo sport e le storie che vi ruotano attorno. Occuparsi di Nba non è un lavoro, ma un piacere.
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