lug 22, 2014 Carmelita De Santis Teatri 0
Roma. Enrico Brignano presenta il suo Evolushow, spettacolo inedito e ricco di sorprese che lo accompagnerà per tutto l’autunno in tournée, fino all’appuntamento invernale con il palcoscenico del Teatro Sistina (dal 27 gennaio). Dopo il trionfo newyorchese di Rugantino, «per assistere al quale – dice l’attore romano – sono arrivati spettatori da Toronto», Brignano riparte dal Big Bang per riflettere sull’evoluzione della Terra e degli esseri umani, affondando con la consueta ironia nelle pieghe più paradossali del nostro presente ipertecnologico. «È difficile parlare di uno spettacolo prima del debutto – dice – perché si tratta sempre di un work in progress. Il pubblico sarà l’ultimo e il migliore autore. È dai tempi della Commedia dell’Arte che il comico parte da un canovaccio e fissa una serie di appuntamenti ipotetici con il testo. Durante le repliche l’attore registra le reazioni degli spettatori e, man mano che il pubblico ride e apprezza, lo show prende la sua forma definitiva. Dopo cento o duecento repliche uno spettacolo si può dire definito e a quel punto è arrivato il momento di archiviarlo e passare ad altro».
Da quale spunto nasce il suo nuovo show?
«Mi sono interrogato, con il sostegno scientifico del celebre fisico e geologo Mario Tozzi, sulle “imperfezioni” dell’evoluzione della specie, sui suoi paradossi. Se è vero, per esempio, che il nostro corpo è una macchina perfetta che capisce da sola di cosa ha bisogno e se è vero che l’organismo accumula grasso per prepararsi alle carestie, perché il mio corpo non ha ancora capito che sotto casa c’ho un supermercato e quando lo avverto che sto per mangiare una carbonara e quindi non serve che accumuli grassi perché ne mangerò un’altra pure domani, lui non capisce? E gli esseri umani non sono che un puntino nella vita della Terra! Se si riportasse ad un anno solare l’esistenza del nostro pianeta e fissassimo la sua nascita il primo di gennaio, la comparsa dell’uomo dovrebbe essere collocata a dicembre, durante i fuochi d’artificio».
Ere lontanissime che riconduce alle ultime scoperte tecnologiche.
«Più che altro mi diverto a ragionare sulle nostre nuove abitudini. Oggi un panorama non esiste se il cellulare non attiva il 3G e un hotel a 5 stelle è invivibile senza WiFi gratuito. Persino durante gli ultimi compleanni della nonna, mentre lei spegne le sue cento candeline, noi facciamo altro. Guardiamo il mondo attraverso un piccolo schermo e conserviamo fotografie che non stamperemo mai su hardware di misure “tera-tera”, che non possiamo nemmeno immaginare a quanta della nostra memoria corrispondano».
Guarda con occhio critico al mondo 2.0?
«Tutt’altro. Parto piuttosto da una constatazione: ogni pezzo comico, ogni cavallo di battaglia dato in pasto ad internet invecchia molto più velocemente di prima, se ne perde presto la paternità. Un mio video su Youtube ha oltre un milione e ottocentomila like e la mia pagina Facebook ha più di un milione e duecentomila follower: non posso non farci i conti.
La sfida di produrre un nuovo spettacolo ogni anno è data dal fatto che i nostri tempi consumano tutto rapidamente. In questo show ho guardato alle tecnologie come ad un alleato e non un nemico. Sul palco c’è un maxi schermo 4 metri per 18. Io sono solo in scena ed interagisco con immagini e presenze virtuali come ormai facciamo tutti, tutti i giorni, con Skype o WhatsApp. Ci sono canzoni, poesie e una lettera ai giovani che ho scritto con tutta la mano, non solo con i pollici».
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