dic 04, 2013 Redazione Teatri 0
Napoli. Dopo i successi di “Fare il napoletano stanca” (del 2010) e ”Se io fossi San Gennaro” (del 2012), Federico Salvatore torna a teatro con un nuovo spettacolo come sempre incentrato sulla strada del Teatro-Canzone. “NOI ZITTI SOTTO!” – citazione tratta dal film Non ci resta che piangere di Massimo Troisi, lega la canzone dautore al monologo dialogico e parodistico, affrontando tematiche di impatto sociale e culturale.
Unaltra provocazione, una voce di protesta ed è bene che una protesta sorga proprio da Napoli, poiché è della città che si parla e, soprattutto, si tratta di arte napoletana.
LE MUSCHE - Federico Salvatore presenta le nuove tematiche scritte per lalbum in vernacolo PULCINHELL, pubblicato il 21 ottobre scorso proponendone i pezzi più significativi: Chella vajassa da Musa mia, O Palazzo, LInno di Papèle, LAccademia e llova toste, Cammenanno, Lato B, Napocalisse, Dinto scuro.
Nel secondo tempo ritornano sul palco i successi mediatici a cui Federico Salvatore diede voce negli anni della sua popolarità: dalle Ninna nanne agli Incidenti (rivisitati e rinnovati negli arrangiamenti), per poi bissare con lintramontabile e richiesta tarantella jaccuse di Se io fossi San Gennaro.
L’ALBUM - A 4 anni da ”Fare il napoletano stanca” Federico Salvatore è tornato sulle scene discografiche con un nuovo progetto, PULCIN’HELL, di cui è autore di musica e testi, prodotto da Luigi Zaccheo e Paolo Ciarlo per “Arancia Records” e distribuito da “Lucky Planets”.
Un album composto da brani scritti in lingua napoIitana, “invocando la guida di Fabrizio De Andrè”: un’opera raffinata, da “teatro‐canzone”, dentro la cultura popolare di una città come Napoli, a cui l’artista torna a dare voce, la personalissima denuncia degli “orrori” di una decadenza irrefrenabile.
Federico Salvatore “battezza” il suo 14° lavoro con un gioco di parole (Pulcinella‐inferno) facendo letteralmente “precipitare agli inferi” la maschera napoletana, parente del “Pulcinella” inglese “Mister Punch”: “Pulcin’hell, seduto sull’orifizio dell’inferno, l’Averno, collocato tra il Vesuvio – la maschera nera ‐ e la Solfatara ‐ il camicione bianco, racconta al suo popolo, il suo viaggio in compagnia del maestro‐guida Fabrizio De Andrè”.
Ed è proprio il Canzoniere di Faber ad ispirare a Federico Salvatore le 14 canzoni “apocalittiche”: CHELLA VAJASSA D’A MUSA MIA, LATO B (unico brano in italiano), PUPARUOPOLIS, VICO STRAFUTTENZA, L’INNO DI PAPELE, NAPOCALISSE, ‘O PALAZZO, CAMMENANNO, L’ACCADEMIA ‘E LL’OVA TOSTE, TARANTELLA ALL’ACQUA PAZZA, DINT’O SCURO, NATASHA, GUALLERA, FREE ARIEL.
14 nuovi inediti che il cant‐attore ama definire “14 pesi‐sospesi o capricci della memoria”.
“Poeta involontario” nato a sud di nessun nord, Federico rafforza nei nuovi testi lo stile‐ostile del popolaresco, dello sberleffo e della graffiante mordacità che furono propri di Pulcinella.
Musicalmente si è avvalso del “suo” arrangiatore e produttore Luigi Zaccheo, con il quale si è divertito a fondere sonorità contemporanee con strumenti della tradizione napoletana inserendo citazioni classiche: Gesualdo, Bach, Rossini, Mameli e, ovviamente, De Andrè, il Maestro per un artista come Federico Salvatore.
PULCIN’HELL è la nuova provocazione di Federico Salvatore, la visione e il sogno di un artista completo che, da anni, ha “virato” verso un repertorio colto, lontano dal “menestrello” che animava un tempo il “Maurizio Costanzo Show”: oggi Federico si fa voce di una Napoli di qualità e promotrice della propria tradizione, rivolta al futuro.
“PULCIN’HELL”
testi e musiche di Federico Salvatore
1. Chella vajassa d’’a Musa mia 2. Lato B
3. Puparuòpolis
4. Vico Strafuttenza
5. L’Inno di Papèle 6. Napocalisse
7. Cammenanno 8. ‘O Palazzo
9. L’accademia ‘e ll’ova toste 10. Tarantella a ll’acqua pazza 11. Dint’’o scuro
12. Natascha
13. Guàllera 14. Free Ariel
Note di Federico ai brani:
Comunicazione Federico Salvatore: Daniele Mignardi Promopressagency Tel. 06 32651758 r.a – info@danielemignardi.it
CHELLA VAJASSA D’A MUSA MIA, è l’incipit, un madrigale anarchico e disperato per Partenope, la sirena mezza santa e mezza puttana, bellambriana e figlia di un Re.
Un ossequio alle ballate provenzali del primo De Andrè.
LATO B (unico brano in italiano) è la replica di Pulcin’hell all’imputazione di oscenità e del suo essere scurrile. A “La canzone dell’amore perduto” del maestro‐guida, si contrappone “la canzone del fondoschiena perduto”, lapidaria nei due endecasillabi: “E sempre dirò culo alla censura / che mette le mutande alla cultura”
PUPARUOPOLIS è una maccheronica grecizzazione: la città dei peperoni. Rossi e gialli come i colori dello stemma di Napoli, della “Luna rossa” e d’’O sole mio”, della faccia ‘ngialluta e del sangue rosso vivo di San Gennaro. E Pulcin’hell la canta con i ritmi di “Crèuza de mà”.
VICO STRAFUTTENZA è il toponimo dell’anestetico filosofico napoletano. Riscrittura in vernacolo di “Via della povertà”, dove ‘a dummèneca d’’e pparanze sostituisce esplicitamente “La domenica delle salme”.
L’INNO DI PAPELE mette in campo Mameli e il tricolore italiano, la bandiera che unisce il Malpaese solo nelle finali dei mondiali di calcio. Tra orgoglio sudista e separatismo, Pulcin’hell rende omaggio a “Disamistade”, parola sarda che significa disamicizia.
NAPOCALISSE è una rap‐purriata nera. Un lungo recitativo a rima baciata, con due aperture sul Preludio in do maggiore di Bach.
E’ tutto il nero che sommerge Napoli, come l’acqua sporca dell’alluvione di “Dolcenera”.
‘O PALAZZO è il ritorno della rima in azz… per Montecitorio. Il galateo dello scugnizzo trasforma Pulcin’hell da “Bombarolo” a “sputarolo”. Dalle brigate rosse alle brigate rozze, con il disegno grottesco di inondare con gli sputi del popolo il sempre stabile palazzo del potere.
CAMMENANNO è il cammino della memoria. Di ciò che ha visto e di ciò che non ha visto incontrando l’umanità. Ne “Il testamento di Tito” De Andrè scrive: Nei letti degli altri già caldi d’amore non ho provato dolore. Pulcin’hell prende spunto per allargare il concetto: “Cammenanno pe’ vvie stramane / m’hanno ‘ncantato ‘e pputtane / si passanno p’’a via ‘e ll’ammore / aggio ‘ncuntrato ‘o dulore”.
L’ACCADEMIA ‘E LL’OVA TOSTE uova sode per un sapore nostalgico. L’antica gara ludica della Napoli Borbonica è un altro capriccio della memoria di Pulcin’hell che mette a confronto il passato di Napoli con il presente, così come De Andrè ne “Le storie di ieri” parla di fascismo di ieri e di neofascismo di oggi.
TARANTELLA ALL’ACQUA PAZZA è una fantasia ittica a rima continuata. Musicalmente è una tarantella prog come quelle della PFM nello storico tour con Fabrizio. Si pregia, inoltre, di riferimenti classici a Rossini e Bach.
DINT’O SCURO è un elogio dell’oscurità.
Nella canzone “Un ottico” di De Andrè, i mendicanti di vista, col cambiare le lenti, cambiano la visione della realtà. Pulcin’hell sostiene, invece, che certi cambiamenti possono avvenire solamente al buio, in piena oscurità: “Quanno na mano m’astregne overo / nun veco o’ scuro si è bianca o è nera. / E na pistola ca passa e accire / sparanno o’ scuro nun piglia ‘a mira”.
NATASHA è la disamina di un travestito. Fernandino Farias è la “Princesa” ispiratrice di De Andrè. Pasquale del vico Tre Re, in arte Natascha, lo è di Pulcin’hell.
Storie di due persone realmente esistite.
GUALLERA è un modo di cantare falsamente colto, un voler fare il verso al canto lirico
e all’opera buffa. Fabrizio usa la voce semi impostata nel brano “Ottocento”.
FREE ARIEL è un epilogo di 30 secondi e quattro settenari:
“Si fosse nu pittore / cercasse a Dio ‘o culore / qual è chella vernice / pe pittà ‘nterra‘a pace. Risposta di Pulcin’hell al “S’i’ fosse foco del maestro genovese”
ott 25, 2024 0
ott 24, 2024 0
ott 15, 2024 0
ott 14, 2024 0
ago 02, 2023 0
nov 30, 2018 0
nov 28, 2018 0
nov 27, 2018 0
ott 01, 2013 6
mag 22, 2009 5
11 years ago
11 years ago
11 years ago
11 years ago