mar 19, 2014 Alessandro Pagano Sport 24, Sport USA 0
Roma. Un ANDROIDE. La definizione che l’avvocato Buffa ci regala di LeBron James è semplicemente unica, una delle sue tante chicche inequivocabilmente stupende. Scendere su un parquet che hai risollevato dalle paludi entro le quali era finito, non è mai facile. Non è semplice soprattutto alla luce di quello che la storia racconta: far rinascere una squadra, una franchigia, un’intera città grazie al proprio nome e poi essere ripudiato, con motivi validi o meno, e quasi odiato da una buona maggioranza dei tuoi primi fan crea inevitabilmente forte emozioni. Stanotte, però, le emozioni e forse la voglia di dimostrare realmente ciò che si vale, qualora ce ne fosse stato realmente bisogno, hanno prevalso. LeBron entra a palazzo e, come lui stesso ammette nel pregara, è difficile entrare nello spogliatoio “degli altri”. Sì, perché quello della squadra di casa, per molti, è ancora il SUO spogliatoio, ricostruito interamente e abbellito a piacimento del Re dopo il colossale impatto mediatico e cestistico sul mondo americano e non. Tenete aperta l’icona dell’appartenenza allo spogliatoio, potrebbe tornar utile più avanti.
Senza mezzi termini, LeBron gioca una partita sontuosa, chiudendo con 43 punti e con percentuali da capogiro e con il suo miglior quarto in carriera (per gli amanti delle statistiche 25 punti, 10/11 dal campo e 5/6 dall’arco dei 7,25). Una partita da androide, appunto. Ma non vogliamo soffermarci sul dato puramente statistico dei punti, dei tiri tentati, degli assist o dei rimbalzi. Vogliamo occuparci di un aspetto che esula dall’aspetto prettamente teorico del gioco più bello del mondo e affrontare una vicenda che, volente o nolente, prima o poi il mondo NBA e gli appassionati di questa Lega dovranno fare. Partiamo da lontano, con una sorta di premessa: la vittoria 100-96 di stanotte degli Heat sul campo dei Cavaliers è maturata in contumacia Dwayne Wade, il quale salta la sua dodicesima partita stagionale in vista del back-to-back previsto stanotte al TD Garden contro i Celtics. Come è noto a tutti, i Big Three della squadra messa su da Pat Riley sono una rarità in questa Lega e il Salary Cap previsto per l’inizio della prossima stagione potrebbe dire sacrificare uno dei 3 per restare comunque competitivi. È estremamente precoce prevedere o predire il futuro dell’intero trio ma provare a immaginare cosa può accadere, anche alla luce della nostra premessa, è un’idea che stuzzica molti appassionati. Senza mezze misure, il nome più caldo dei 3 e dell’intera NBA è quello di James che stanotte ha dato vita ad una partita che lo ha visto coinvolto in un gioco che oseremo definire quasi “vintage”, forse proprio in versione Cavaliers. Le maggiori responsabilità, la possibilità di prendere un maggior di tiri e di scelte è, sotto gli occhi di tutti, uno stile che piace al numero 6. Con Wade e Bosh l’intesa si è andata limando e sempre più perfezionando nel corso di questi anni e quel modo di giocare è stato forse accantonato dal talento di Akron. Ma sono partite come quelle di stanotte che ridanno voce a quelle voglie, forse nascoste, di James di tornare a giocare mettendo al centro della situazione il suo immenso potenziale offensivo. Al centro di tutto. Il tutto, però, viene ridimensionato dalle statistiche: SENZA Wade, i Miami Heat sono alla pari, con 6 vittorie e 6 sconfitte, il che è, non solo indicatore che Wade è ancora un fattore, ma anche un elemento che ci permette di dire che Bosh e LeBron, insieme agli altri gregari, possano risollevare le sorti di un’intera squadra.
La domanda sorge spontanea, alla luce di queste situazioni interdipendenti tra loro: può LBJ scegliere, alla fine di questa stagione, di ritornare al centro di una squadra come stella unica, come unica e dominante bocca di fuoco? Come nella maggior parte dei casi, più facile a dirsi che a farsi. Ritornare alle prese con un vero e proprio modus operandi che ha causato più delusioni che gioie non è mai semplice, anche se lo sviluppo mentale del giocatore è evidente e lampante. La ricordate quell’icona dello spogliatoio? Se quello spogliatoio si rivelasse nuovamente adatto alle caratteristiche del Re? E se Cleveland si rivelasse, tutto d’un tratto, il posto perfetto per questo ritorno alle vecchie maniere, alla vecchia vita? I presupposti ci sono: la certezza di un playmaker di altissimo calibro come Kyrie Irving, che formerebbe un duo con James davvero di indiscutibile livello; una rotazione di lunghi agili e pronti come Varejao e Hawes; comprimari di qualità come Jack e Waiters, senza dimenticarci di uno degli oggetti misteriosi di Cleveland, ovvero sia Luol Deng. Il giocatore sudsudanese con passaporto britannico, infatti, può essere quell’asso nella manica che potrebbe far diventare Cleveland una vera squadra dal punto di vista della temibilità. L’idea molto stuzzicante e viva e tutt’altro che da scartare, anche se c’è da convincere la dirigenza Cavs, piuttosto salda sulla propria posizione al momento. La scelta di fondo è mentalmente prima ancora che cestisticamente difficile da prendere. Perché l’interrogativo è sempre lì, al bivio, ad aspettarti. Proprio come in quello spot pubblicitario: le scelte di vita che il guidatore è chiamato a compiere sono raffigurate sulla segnaletica stradale. Quest’ultimo imbocca sempre la strada meno certa, meno confortante, per intraprendere un cammino tutto da scoprire, forse più difficile da percorrere, ma senza dubbio più emozionante. Se tra “La strada più facile” e “La meno battuta”, quindi, la scelta cade su quest’ultima, lo stesso tipo di decisione viene presa in occasione di ognuno degli altri bivi: “Sentirsi arrivato” o “Mettere tutto in discussione”, “Mille risposte” o “Una domanda”, “La meta” o “Il viaggio”, “Ritrovarsi” o “Perdersi”. Solo di fronte alla scelta tra “Il grande amore” e “Una nuova avventura” il protagonista si trova costretto a fermarsi un momento per riflettere, accendendo le quattro frecce. Ed è lì che noi aspetteremo, all’ultimo bivio, cercando una risposta che per ora possiamo solo immaginare.
Nato a Pompei il 3/4/1993. Studente del corso di Scienze e Tecnologie della Comunicazione presso La Sapienza di Roma, Redattore NBA per partenopress.com e My-Basket.it; giocatore e amante della palla a spicchi da sempre. MORE THAN A GAME.
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