lug 28, 2020 Francesco Mazzarella Home Page, Vaticano 0
Ad un anno dal documento pubblicato dalla Congregazione per l’educazione cattolica, l’attualità impone un approfondimento sul tema del gender e sulla libertà di pensiero, per scongiurare ingiuste discriminazioni e proposte educative a pensiero unico.
Compie un anno il documento “Maschio e femmina li creò. Per una via di dialogo sulla questione del gender nell’educazione”, emanato dal Prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica.
L’obiettivo del documento era ed è tuttora quello di sostenere quanti sono impegnati nell’educazione delle nuove generazioni ad affrontare “con metodo” le questioni oggi più dibattute sulla sessualità umana, davanti alla sfida che emerge da “varie forme della ideologia gender, che nega la reciprocità e le differenze tra uomo e donna, “considerate come semplici effetti di un condizionamento storico-culturale”. L’identità verrebbe, quindi, consegnata ad “un’opzione individualistica, anche mutevole nel tempo”. Si parla di “disorientamento antropologico” che caratterizza il clima culturale del nostro tempo, contribuendo anche a destrutturare la famiglia. Un’ideologia che, tra l’altro, “induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina”.
Ciò è propriamente quanto sta accadendo oggi in Italia, dove suscita un grande dibattito e seria preoccupazione il Ddl Zan, prossimo alla calendarizzazione presso la Camera dei Deputati, che intende introdurre nel nostro Paese il cd. reato di “omotransfobia”, condannando chi volesse affermare che esiste una sola famiglia possibile, fondata sul matrimonio e sulla diversità sessuale dei coniugi, reo di offendere chi, in un determinato momento, ritenesse tale affermazione discriminatoria verso le coppie omosessuali.
Il Ddl Zan, come affermato tra l’altro dal leader del Family Day, Massimo Gandolfini, ”lascia alla magistratura amplissimi margini di interpretazione che rischiano di colpire la libera espressione del pensiero, menziona una controversa identità di genere che, basandosi sull’autopercezione può comprendere oltre 50 definizioni; stabilisce pene da 18 mesi a 6 anni di galera che potranno essere comminate anche semplicemente a chi si impegna per promuovere il diritto naturale di ogni bambino ad avere un padre e una madre o definisce come ‘un abominio’ contro il genere umano la barbara pratica dell’utero in affitto”.
Come spesso accade, anche in questo caso è la stretta attualità della storia che impone agli educatori cattolici un continuo approfondimento del proprio bagaglio conoscitivo, guidati dal Magistero Ecclesiale, per formare le coscienze alla luce della Sacra Scrittura e della Tradizione.
In questo senso, il Documento pubblicato lo scorso 09 giugno 2019 è un valido ausilio per non cadere nelle trappole che la “colonizzazione ideologica” del gender pone dinanzi al cammino dei credenti, come ribadito da Papa Francesco nel discorso tenuto alle famiglie nelle Filippine il 16 gennaio 2015.
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